MONTI SÌ, MONTI NO – SETTE MESI DOPO

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Mancano pochi giorni ai sette mesi di governo Monti, che riveste il doppio ruolo di Presidente del Consiglio e Ministro dell’Economia a partire ormai dal 16 novembre scorso, e così mi sono andato a rileggere quello che pensavo all’alba del suo insediamento e che potrete ritrovare qua (a proposito, ribadisco, a che punto è la redazione della lunghissima lettera di dimissioni da Presidente della Camera che Fini aveva promesso, una volta dimessosi Berlusconi, il 24 febbraio 2011 in un‘intervista ad AnnoZero che potete andarvi a vedere a questo indirizzo di YouTube? ).

Allora non avevo alcun preconcetto di sorta, ma evidenziavo unicamente luci e ombre tracciate nelle speranza che l’allora futuro Premier potesse dare davvero una scossa al nostro Paese e farci mettere il naso fuori dalla crisi. È ora giunto tempo di bilanci e il piatto della pesa pende inesorabilmente dalla parte che nessuno di noi avrebbe voluto.

Le premesse snocciolate da Monti fin dalla conferenza stampa del suo insediamento erano chiare e assolutamente condivisibili: siamo in un momento di magra e bisognerà stringere la cinghia, chiamando gli italiani a nuovi sacrifici, come l’innalzamento dell’età pensionabile, i continui ritocchi alla pressione fiscale sulla benzina, l’introduzione di un’IMU che fa cassa più allo Stato che ai Comuni riscossori, etc…

Tutte queste misure, però, venne sostenuto lo scorso autunno, sarebbero state controbilanciate da ingenti riforme tese al risparmio sulla spesa pubblica, dal taglio dei costi della politica e dell’intera macchina burocratica, dalla soppressione delle Province, dall’accorpamento dei Tribunali, da una riforma del lavoro tesa ad aiutare l’inserimento di giovani, precari e via dicendo.

Il nostro Primo Ministro – che del Super Mario col quale era stato soprannominato inizialmente ha davvero poco, nemmeno i baffi! – è sembrato, però, assumere man mano le sembianze di un Giano Bifronte. Ma non per il trasformismo e la “doppia faccia” per i quali si era guadagnato tale epiteto il caro Giolitti, ma per la doppia velocità (?) con la quale sta affrontando le due politiche: rapidissimo, anzi immediato nel prendere provvedimenti che inaspriscono pressione fiscale e che vanno a intaccare le tasche dei cittadini, da un lato, incerto, zoppicante, cincischiante – un po’ come un altro Mario, quel Balotelli che si è fatto raggiungere dalla difesa spagnola invece di tirare a rete  nella prima gara dell’Europeo azzurro – nell’andare a riformare o toccare la vera parte stagnante e parassitaria dell’Italia, dall’altro.

Probabilmente l’unico vero merito da ascrivere a Monti, fino a ora, è l’avere restituito al BelPaese quel minimo di credibilità internazionale che, tra una barzelletta e un bel paio di corna, col Berlusca avevamo ormai perduto. La crescita, però, è a zero, la pressione fiscale sale, ma coi consumi che decrescono il debito italiano non viene certo ripianato. E allora si chiamano i tecnici dei tecnici (Bondi, Giavazzi e Amato!!!) si tirano fuori linguaggi come spending review e ci si felicita tutti assieme nel vedere Napolitano abbracciare Buffon negli spogliatoi.

Contenti voi…

 lorenzo meazza

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