SOGNI E REALTA’ TRA COSTITUZIONE E LAVORO

C_00a84f59a8

Questa mattina sono più rintronato del solito, e queste note, forse, lo dimostreranno appieno. Ho continuato a fare un sogno in cui qualcuno ripeteva, con voce sempre più alta:

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini, cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.

 

Quando mi sono finalmente svegliato, ho ripensato al sogno e agli ammonimenti. Che Paese felice deve essere quello in cui i precetti sono rispettati e ove solo cinque piccole frasi riescono a far convivere nella maniera migliore così tanta gente. Ho impiegato un po’ per ricordarmi che tali enunciazioni derivano dalla nostra vilipesa Costituzione (articoli 1, 53, 54, 97 e 98). Costituzione nata dopo la guerra, frutto di compromessi fra le forze politiche di allora, dopo un periodo in cui molti non potevano contare sulla propria libertà.

I costituenti, comunque, hanno voluto far comprendere che la Repubblica doveva essere fondata sul lavoro, che ognuno avrebbe dovuto cercarsi, rispettando le aspettative, gli studi e gli impegni profusi. Non doveva essere lo Stato ad assicurare lo stipendio, ma il tutto era demandato alle singole capacità. Si poteva parlare di neo liberismo, di libertà di intraprendere attività. Era sacrosanto che ognuno doveva contribuire alle necessità statali, pagando le imposte sugli importi che avrebbe avuto a disposizione, non in misura fissa, ma in proporzione alle proprie disponibilità. Quindi, non una misura uguale per tutti, ma a scaglioni, così da far pesare meno a chi avesse avuto inferiori disponibilità e un po’ di più a chi invece avesse potuto. Bisogna ricordare a chi propone solo due o tre aliquote che, prima, si deve cambiare la Costituzione.

Era stato pensato di ribadire il dovere ad essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. Ognuno di noi deve rispettare la leggi e cercare, nei limiti del possibile, di far modificare quelle ritenute non corrette, ma fino a quando le leggi rimangono in vigore, ogni cittadino deve impegnarsi a rispettarle e farle fare rispettare dagli altri. Poco più di sessanta anni addietro, si erano posti il problema di adempiere le varie funzioni pubbliche con disciplina e onore. Adesso, Dio mio, se ne vedono e sentono di tutti i colori. Forse questo è l’articolo meno applicato. Qualcuno dice che i nostri rappresentanti, sono diventati onorevoli, per via della seconda parte dell’articolo 54, ove si parla di onore. E da onore a onorevoli, il passo è stato abbastanza veloce. Adesso qui non si può fare la storia della Repubblica, vissuta tra mille e mille scandali, tra privilegi e sotterfugi, tra svalutazioni e strani arricchimenti, perché sarebbe un’operazione quasi impossibile.

I meno giovani ricordano che, in ogni caso, pantalone avrebbe pagato. I mille rigoli delle uscite non sono mai stati ben evidenziati, perché, in caso contrario, non ci sarebbe da spiegare, pensioni impossibili a chi non ne avrebbe merito, stipendi da capogiro ai barbieri di Montecitorio, costo della presidenza della Repubblica superiore a quello della Regina Elisabetta e di Barack Obama, stipendi ai Parlamentari tra i più alti d’Europa, imprese edili faraoniche che non si connettono con nulla, ospedali ultimati e mai entrati in funzione.

L’onore è rimasto scritto nella Costituzione, ma per molti nostri rappresentanti, probabilmente, è una parola sconosciuta. A questo si arriva per il diverso metro di considerazione che alcuni atteggiamenti hanno in Europa. Da ragazzo rimasi sorpreso perché il ministro di sua maestà Profumo diede le dimissioni perché trovato in compagnia della sua segretaria. In Germania un vice ministro si è dimesso perché aveva copiato porzioni della sua tesi di laurea. Nixon, potente presidente Usa si dimise per aver fatto pedinare due giornalisti. I presidenti degli Usa, una volta terminato l’incarico, diventano, tutti signori, e non ex presidenti, o presidenti emeriti. In altri Paesi, è sufficiente non dire la verità per non poter ulteriormente vedersi affidare funzioni pubbliche. Noi ne abbiamo viste di tutti i colori.

Una volta presidente di qualcosa, lo si rimane per tutta la vita, naturalmente con i relativi privilegi. In Italia non si danno mai le dimissioni, perché magari poi sono anche accettate. Sarebbe quasi superfluo aggiungere che i condannati (e non solo) in via definitiva, non possono continuare a svolgere incarichi pubblici. Non per la legge Agostino, Celestino, Severino, ma perché è previsto dall’art. 54 della Costituzione. Noi invece viviamo i nostri giorni per sapere cosa succede a tizio e sempronio, e i giornali e le televisioni non si occupano d’altro. Sembra che a Roma non si siano resi conto di come sta andando l’economia.

Non essendo sufficienti i lauti stipendi percepiti a fine mese, si sono inventati i rimborsi a piè di lista, con i quali sono riusciti a farsi restituire anche i pranzi di nozze dei figli, i contributi delle colf, le scarpe e tutta la mercanzia possibile ed immaginabile. Si pensava che le forze politiche di nuova generazione potessero avere quel qualcosa in più per cambiare almeno qualcosa, e quando anche queste certezze sono venute meno, non ci sono rimasti male gli affiliati politici, ma tutti i cittadini che speravano che almeno da qualche parte ci si poteva aspettare qualcosa di diverso e di utile per il Paese.

Non si parla dei grandi scandali perché la complessità è ancora enorme. Ma quando le acque saranno più tranquille sarà bello riuscire a capire cosa sia successo al Monte dei Paschi di Siena, chi ha preso quel fiume di soldi e a cosa sono serviti, soprattutto perché sembra che una buona parte dei disavanzi siano stati coperti con risorse statali e, quindi, con i soldi dei cittadini. Il sistema elettorale fa acqua, ma non trovano la forza di mettersi d’accordo per cambiarlo perché tutti pensano che gli altri ne potrebbero avere un qualche vantaggio. Ci hanno tolto anche la possibilità di scegliere i candidati e gli eletti rispondono non ai cittadini, ma a chi li ha proposti, e sa anche che in caso di rielezione, se sgarra, corre il rischio di non essere rieletto.

Se chi è dipendente pubblico, colui cui è affidata una funzione pubblica, non svolge la propria attività con onore, cosa ci rimane da fare? Qualsiasi attività deve essere fatta sempre con onore, a maggior ragione, quella pubblica. Quando l’onore è soltanto scalfito, bisognerebbe avere la forza di ricordare a questi signori di andare da altre parti e di lasciare i propri impegni e faccende ad altri, che magari, potrebbero comportarsi meglio.

È difficile immaginare che le cose cambino così radicalmente perché le motivazioni di avversione politica le fanno ancora da padrone. Se io dico una cosa, e un altro dice il contrario, non siamo mossi dallo stesso intendimento di trovare la soluzione migliore, ma solo di contrastarlo, quasi che i nostri Parlamentari non vogliano il bene di tutti i cittadini, ma solo di una parte, quella che li ha eletti.

Fino a quando non si riuscirà a debellare questa semplificazione, sarà sempre più difficile governare, e una prova tangibile l’abbiamo con i nuovi arrivati in Parlamento, ai quali basta dire che è tutto sbagliato, ma non partecipano, se non limitatamente alle discussioni e alle proposte. Sarebbe bello che la prossima volta che si entra in un qualsiasi ufficio pubblico, si potesse ricordare che l’amministrazione deve essere imparziale, con i cittadini, e che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.

Ma, ve le immaginate le risate… È questo il vero dramma. Quanto scritto è previsto dalla Costituzione: la nostra legge fondamentale!

franco de renzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *