IL FUTURO SECONDO DETTORI: DALLA MUSICA AI MEDIA

dettoriDa Vitaminic a Sardex, dal JOBS Act di Obama, al futuro dell’informazione e dell’economia. Si intrecciano diversi e spesso a primo avviso incompatibili mondi nella vita professionale di Gianluca Dettori, che abbiamo intervistato a latere di #farestartup, l’evento organizzato lo scorso 11 novembre presso il Polo Tecnologico di Pavia. Musicista, surfer, ma oggi soprattutto venture capitalist, Dettori ha un filo rosso che si intravede chiaramente nella matassa delle sue esperienze professionali: la ricerca di innovare, soprattutto grazie alla rete, in ambienti differenti,proiettandoli verso il futuro. Prima di tutto la musica: nel 1999 ha, infatti, fondato Vitaminic, pioniere per la distribuzione discografica digitale in Europa, vivendo in prima persona l’evoluzione dell’industria della musica dall’analogico al digitale. Ma quale ne è stata la scintilla ispiratrice? «L’input è stato molto banale; quando lavoravo in un motore di ricerca nel 1997 tutte le mattine ricevevo una mail di statistiche con le parole più ricercate sulla rete. Le prime dieci non possono essere riferite in pubblico – soprattutto allora internet era dominato dal porno – e poi viene fuori la parola mp3. Da lì scoprii cos’era l’mp3 e l’anima da musicista che è in me prese il sopravvento, assieme all’amore per internet e pensai che questa cosa avrebbe cambiato radicalmente la vita dei musicisti, avendo suonato per molti anni. Avuta quell’idea mi sarei licenziato il giorno dopo, ho detto: è quello che voglio fare».

Oltre all’idea di impresa, già da Vitaminic possiamo intravedere un importante aspetto sociale, sia per i musicisti, che per gli amanti della musica in genere… «Sì, vi è già un aspetto sociale, tutte le aziende lo hanno a modo loro. In Vitaminic è innata l’idea di liberare i musicisti dal vincolo della distribuzione e del marchio, mettendo a disposizione una piattaforma globale che li consentisse di raggiungere il loro pubblico dovunque esso sia. Questa era la grandissima valenza sociale e il futuro della musica digitale era chiaro che sarebbe stato il cambiare e trasformare il mondo della musica stessa, cosa che sta avvenendo, anche se la nostra idea era di farci impresa».

Dopo Vitaminic, ecco dPixel, la società di venture capital per le internet startup e quindi le esperienze di crowdfunding, ossia di finanziamento dal basso tramite la rete di progetti che vengono presentati in diversi portali, processo che sembra ormai essere a una svolta: «Da un lato oggi possiamo trovare realtà di crowdfunding ormai consolidate come Kickstarter o Kiva; io, per esempio, sono 7 anni che faccio microcredito online, ma quello che mi ha davvero colpito è il JOBS act (Jumpstart Our Business Startups act) di Obama. Questo ci fa capire come in fondo la finanza non abbia subìto grandi innovazioni negli ultimi 50 anni. E tutto sommato una normativa sulla sollecitazione al pubblico risparmio e tutti questi vincoli non hanno più ragion d’essere alla luce  del fatto che abbiamo uno strumento digitale come internet per parlare direttamente con le persone, diffondere documentazione e informazioni, per non parlare del tema della reputation. Tutti questi aspetti sono emersi nel JOBS act che è  diventato un faro per tutti, destinato a cambiare il mondo».

dettoriIl mondo no, ma la finanza può risentire di progetti come Sardex, il circuito di moneta virtuale nato in Sardegna? «Sardex, è uno dei progetti più sofisticati e innovativi che ho visto negli ultimi 15 anni e ho avuto la fortuna di averla finanziata e essere nel Cda, ma anche per me è difficile spiegare cos’è in maniera succinta, per il semplice fatto che ribalta tutte le concezioni che noi abbiamo di ricchezza e di denaro, fossilizzate  da anni di concezione capitalistica dei termini. Sardex è partita da un caso già esistente che è Banca WIR in Svizzera, che transa 1 miliardo e 300 mila franchi all’anno – credo sia la quarta banca di credito svizzera – e fa ruotare ruotano intorno a sé circa 60/70 mila imprenditori. L’intuizione è stata portarla in Sardegna e con la digitalizzazione svilupparla ulteriormente. Il concetto di baratto è quello che si avvicina più al modo comune di pensare a Sardex, ma non è proprio uguale, perché con Sardex si compra, si vende e si fattura dentro al sistema, semplicemente c’è una grande camera di compensazione in cui una moneta consente di scambiare beni e servizi dentro a esso ed è una moneta pensata per lo sviluppo dell’economia del territorio, si compara e utilizza solo in Sardegna. In realtà ci sono mille aspetti dietro a Sardex molto affascinanti e una tendenza che può trasformare l’economia in maniera radicale».

Quale sarebbe la vera rivoluzione di Sardex? «In buona sostanza, mentre la moneta, ha due funzioni, una accumulare ricchezza (se ce l’ho in tasca, sono  ricco) e l’altra consentire di fare transazioni (se te la do, mi dai in cambio qualcosa), Sardex ha tolto la possibilità di accumulazione; non ha senso tenersela in tasca, è credito che hai maturato coi tuoi beni e servizi e non genera interessi, quindi serve solo per spendere. In tale maniera la circolazione del Sardex è 11 volte superiore all’euro: 1 Sardex genera 11 euro di Pil, 1 euro di finanza genera 1,4 euro di Pil. Insomma è un fortissimo potenziatore del commercio ed incrementa il fatturato del circuito, ne riduce i costi e apre l’acceso al credito anche a chi non ne ha diritto secondo gli standard tradizionali».

Rivoluzionare la musica, la finanza e l’economia, manca il mondo dell’informazione? «Tutti quelli che si occupano di venture capital nel digitale toccano i media e l’editoria. Su 20 società sulle quali abbiamo investito almeno 1/3 hanno a che fare con l’evoluzione dei media da SmartRM in giù, che sviluppa sistema per diffondere in maniera sicura le informazioni e i contenuti e “billare” le persone; tutta la ITC (Information and Communication Technology) ha una grossa derivata verso l’evoluzione in corso nel campo dei media e dell’editoria. In Italia lo stiamo vivendo con un poco di ritardo, la carta ha ancora un suo spazio, ma è chiaro che il futuro risiede in tutta una serie di altri strumenti». Come UAU magazine, per esempio.

lorenzo meazza

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