VITA VS. CONFORMISMO: UNA BATTAGLIA DA VINCERE

 

di Laura Gotti Tedeschi – da Uau Magazine di Giugno 2010

Nella vita poco è prevedibile. Suona banale come frase, ma forse è tempo di riproporre certi concetti banali. L’imprevisto è ciò che rende la vita bella. Sapere che c’è sempre qualcosa che non è ancora accaduto e che non ci aspettiamo che accadrà, rende la vita magica, perché sempre accompagnata da quel pizzico di “serendipità”. Tutto questo è perfettamente compatibile con le nostre scelte, poiché esse si adattano naturalmente agli eventi della vita che non abbiamo scelto e che semplicemente ci capitano. Quando si sceglie un percorso, ad esempio quello universitario, si pensa sempre che sia decisivo, vincolante, determinante. Ma lo è solo se vogliamo che lo sia. Già i latini dicevano che noi soli siamo gli artefici della nostra sorte. Una scelta ne implica tante altre non meno importanti, perché la strada che si percorre è sempre in via di costruzione, e siamo noi, padroni assoluti delle nostre scelte, a costruirla.

L’università prima, il lavoro poi, fanno parte del nostro percorso individuale, ma non sono il nostro percorso. A volte siamo troppo protesi verso il futuro, preoccupati di programmarlo e definirlo nel dettaglio, dimentichi di quell’imprevedibilità che esige da parte nostra di vivere l’hic et nunc, senza perdere di vista i progetti futuri. Infatti, è come viviamo la nostra vita quotidiana che ci definisce. I progetti, i sogni, gli obiettivi e le ambizioni sono tutti fattori importanti, ma non ancora attuali e, quindi, sono solo comete che ci indicano la via, non dicono nulla riguardo quello che siamo, solo riguardo quello che vogliamo essere.

Il difetto dell’oggi è la frenesia. La fretta di vivere, di fare le cose, ha inquinato anche tutti gli altri aspetti della nostra vita. La fretta nel conoscere, nel raggiungere un obiettivo, nel decidere, nel giudicare, persino la fretta nel camminare e nel parlare, ed infine, la fretta nell’amare. Tutta questa fretta ci consuma e ci fa invecchiare anzitempo. E’ come se non esistesse più un ordine di valori, di cose veramente importanti a cui dare la priorità e il beneficio del tempo, della cura, dell’attenzione. Siamo davvero la società della fretta, del tutto-e-subito, della quantità-non-qualità. Questo modo di vivere però non ci appartiene, non esprime ciò che siamo, anzi, ci omologa l’un con l’altro, ci conforma a modelli che non abbiamo scelto, e non ci permette di leggere ed ascoltare noi stessi e gli altri, assordati dal rumore nel quale siamo costantemente immersi. La fretta è data dalla paura che capiti qualcosa che non possiamo controllare, e che ci disorienterebbe. Abbiamo paura di fermarci. Il fermarsi implicherebbe un mettersi in ascolto degli altri e della vita che ci chiama a vivere, non a correre. Implicherebbe il mostrarci per come siamo, per come vogliamo essere. Siamo terrorizzati di essere considerati troppo “diversi”, troppo lenti, troppo riflessivi, troppo profondi, troppo altruisti.

Così ci immergiamo nella folla frettolosa e rumorosa, pensiamo come lei, parliamo come lei, corriamo come lei, viviamo come lei. Così facendo però neghiamo la nostra stessa essenza, che è quella di essere e diventare noi stessi, unici e irrepetibili. Di vivere i nostri progetti mettendoci in ascolto della vita. Non dobbiamo avere paura di gridare al mondo quello che siamo davvero, quello in cui crediamo, quello che speriamo, che sogniamo, che progettiamo, che vogliamo essere. Non dobbiamo avere la paura di essere diversi, anzi, dobbiamo avere l’orgoglio di essere tali, gridandolo e sovrastando quel rumore assordante del conformismo.

 

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