Spirito giovane intervista i “Divers on the moon”

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Era forse agosto dell’anno scorso. Francesco mi passò un link di un video, Diastole Sistole. Un gruppo strumentale in zona Milano, con un sound ben preciso e accattivante. Da lì ci furono svariati contatti e tentativi d’interviste; fino a quando non mi annunciarono il nuovo album, pronto per il 2015.
Dovevo intervistarli, prima dell’uscito; era essenziale per la rubrica. Perché?
Skype si anima nel video e nel sonoro, tre ragazzi in una stanza e io dall’altro lato.

Spirito Giovane: «So che avete già registrato un EP. Che differenze avete sentito tra quello e l’attuale album, AUM

Giuseppe: «La prima volta che siamo entrati in studio non avevamo alcuna idea di cosa significasse pre-produrre qualcosa; siamo semplicemente entrati in studio, abbiamo fatto una registrazione con canali separati e una line-up tra l’altro differente da questa. Suonavamo come ci veniva, certamente non come avremmo dovuto; ma mentre facevamo l’EP inconsciamente imparavamo anche certe cose su cui abbiamo poi riflettuto».

Stefano: «Il fatto è che tutti ci dicono: siete meglio in live. Il primo disco sembra ad alcuni freddo, inospitale; noi invece siamo tutt’altro quando suoniamo dal vivo! Per questo nel nuovo CD abbiamo registrato in presa diretta, suonano contemporaneamente e sfruttando un sistema con differenti takes. Ed effettivamente il CD comunica meglio ciò che siamo. L’ingresso di Fabrizio ha inoltre permesso di fare cose che prima non potevamo; lui tra l’altro si occupa anche del basso nelle registrazioni, oltre alla chitarra».

Spirito Giovane: «Molto interessante: di solito le band hanno una storia opposta, partono con presa dal vivo e poi fanno un CD con canali separati e registrando strumento per strumento».

Giuseppe: «Ci abbiamo provato. Siamo entrati in uno studio, diverso da quello in cui poi abbiamo fatto l’album. Avevamo registrato la batteria e le parti di basso, in modo tradizionale. Tra l’altro, proprio quella sera dovevamo partecipare ad un contest, il Discoverband al Masnada di Brugherio. Siamo usciti dallo studio a pezzi, distrutti dalla giornata di lavoro. Poi però abbiamo spaccato tutto sul palco!»

Fabrizio: «Forse perché prima di noi erano saliti sul palco band standard, con un cantante, con composizioni perfette, ai nostri occhi avevamo già perso. Siamo saliti come se non avessimo nulla da perdere».

Giuseppe: «E poi siamo passati in finale. Lì forse abbiamo realizzato che, davvero, il live è qualcosa che ci rappresenta al meglio. Fatto sta che abbiamo vinto anche la finale, il cui premio erano 2 giorni di registrazione al FrequenzeStudio; studio che è stato anche l’organizzatore ed è, casualmente, un posto dove solitamente proviamo. Alla fine abbiamo aggiunto altri 2 giorni di tasca nostra e in questo tempo si è registrato l’album, a settembre. Consta 7 brani per una durata all’incirca di quaranta minuti».

Stefano: «E questa è un’altra cosa che è cambiata. Abbiamo dato un ordine specifico alle tracce, abbiamo cercato di rendere l’album omogeneo e con un senso; mentre l’EP era più che altro una accozzaglia di pezzi».

Spirito Giovane: «Facciamo un passo indietro: come vi siete conosciuti?».

Stefano: «Io e Giuseppe ci conosciamo da molto tempo, da quando eravamo quindicenni e suonavamo cover di Nirvana e Rage Against the Machine. Tra l’altro, suonavamo senza cantante, anche su palchi live; ce ne fregavamo un po’ di tutto!».

Giuseppe: «La vera scoperta è stata il post-rock, che era per noi un genere strano, fatto di chitarre e batterie e sonorità un poco stranianti. Non che sia il nostro genere, della band intendo. Non siamo fan delle etichette e siamo molto aperti al cambiamento al miscuglio. Però ci ha dato una idea di come potevamo suonare nostre composizioni senza cantante».

Spirito Giovane: «Dunque una scelta naturale quella di non avere un cantante».

Giuseppe: «Esatto! Poi è arrivato Fabrizio».

Fabrizio: «Io li ho conosciuti prima di quanto si pensi, sono entrato nel gruppo due anni fa però senza saperlo ero presente al loro primissimo concerto! Nel tempo abbiamo fatto qualche jam e ci siamo visti una volta in saletta. Poi mi hanno chiesto di entrare ufficialmente nel gruppo. Loro mi hanno aperto un mondo, con nuovi generi come il post-rock, che attualmente seguo con piacere. In questi due anni siamo anche riusciti a costruire un feeling che ci permette di suonare per ore solo guardandoci in faccia – e questo può anche spaventare».

Spirito Giovane: «Che impatto ha il vostro stile sulla composizione?».

Fabrizio: «Componiamo nel mentre, durante le jam; però alcune volte dobbiamo fermarci e pensare ai riffs o alle linee qualora diventino complesse».

Stefano: «Ognuno porta una parte della sua esperienza e si crea così un miscuglio di sensazioni. Per ora abbiamo anche un buon livello di sperimentazione sull’intrico di suoni – parlo al presente perché, accanto alle composizione dell’album, abbiamo tantissime canzoni nella manica».

Spirito Giovane: «Dovevo farvi questa domanda all’inizio, ma… coraggiosi o giovani?».

Giuseppe: «Giovani? Nel senso di originali, forse perché ci interessa poco l’opinione di chi ascolta o nel tempo ci ha detto di cambiar genere…».

Stefano: «Però quello è essere coraggiosi, non credi?».

Fabrizio: «Per il “genere” che facciamo coraggiosi!».

Spirito Giovane: «Dove possono trovarvi i lettori? Ma soprattutto: quando esce il CD!?».

Giuseppe: «L’uscita in digitale è fissata per il 24 gennaio!».

Stefano: «Il 6 febbraio al FrequenzeStudio ci sarà una piccola presentazione con rinfresco e un piccolo nostro live, ci saranno copie del CD… e ci saremo noi!».

Ringrazio e stacco la conversazione, anche se avrei moltissime altre domande da far loro. Domande tecnica, da musicista però; non certo da intervistatore.
Dove finisce uno inizia l’altro? Forse sono la stessa cosa…
Un po’ come i nostri sommozzatori sulla luna.

spirito giovane

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