Andy Warhol, re della Pop Art, a Milano fino al 9 marzo 2014

ANDY_WARHOL_STRADUST_CampbellLa sua ultima personale a Milano risale al 1987, quando Andy Warhol diede il suo tributo a Leonardo Da Vinci presentando la sua “The last supper” e, paradossalmente, a quella mostra si presentarono in pochi. Oggi l’arte di Andy Warhol fa il suo grande ritorno nella metropoli meneghina, dopo la personale al Museo del ‘900 e fino al 9 marzo 2014 sarà possibile ammirarla a Palazzo Reale con una mostra prodotta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, Palazzo Reale, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group. A cura di Peter Brant, amico intimo dell’artista, e di Francesco Bonami, la mostra presenta oltre 150 opere, tra cui tele, fotografie e sculture che fanno parte della Brant Foundation e che fanno rivivere al pubblico il percorso artistico e privato dello stesso Warhol. È l’Andy Warhol che ci si aspetta di vedere e che non delude.

Dalle primissime illustrazione alle lattine di Coca Cola, dalla Brillo Box ai celebri ritratti di Elvis, Mao Tse-Tung, Elizabeth Taylor e il Presidente Nixon, dalle lattine di Campbell’s Soup alle serie “Flowers” e “Disasters”, dalle “Electric Chairs” per arrivare fino alla famosissima “Blue Shot Marylin”, dagli autoritratti alla sua personalissima versione dell’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci, per arrivare fino ad un’ inedita collezione di Polaroid che ritraggono alcuni tra i più famosi personaggi legati al mondo del cinema, dello sport,della musica, della politica e della moda: Yves Saint Laurent, Liza Minnelli, Mick Jagger, Jean-Michel Basquiat, Peter Brant e lo stesso Andy Warhol.

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Nato a Pittsburgh nel 1928, Andrew Warhola Jr, figlio di immigrati slovacchi, manifestò fin da subito doti artistiche e dopo gli studi in arte pubblicitaria al Carnegie Institute of Technology, nel 1949 si stabilì a New York, dove cominciò a lavorare come grafico pubblicitario ottenendo numerosi riconoscimenti e collezionando importanti collaborazioni con le più importanti riviste d’America come “Vogue”, “Seventeen”, “The New Yorker” e “Harper’s Bazaar”. Il successo arriva nel 1952, quando riceve l’Art Directors Club Medail per la pubblicità da lui creata per alcuni giornali. È proprio in quegli anni che nasce Andy Warhol l’artista, figlio di un’epoca in cui è il boom economico americano degli anni ’60 a farla da padrona e padre di quella che divenne una delle correnti artistiche più importanti del XX secolo, la Pop Art.

Fin da piccolo iniziò a collezionare fotografie delle star del cinema, irresistibilmente attratto dalla fama e dal mondo patinato dello star system, esorcizzando così la miseria e la costante privazione in cui fu costretto a crescere. Precursore dei tempi, per Warhol l’arte non è altro che un prodotto della cultura di massa e lui il portavoce di quella realtà consumistica, del bombardamento pubblicitario a cui l’individuo è sottoposto e di quel mondo legato all’apparenza e alla popolarità che è l’America degli anni ’60 e che in futuro avrebbe concesso a tutti quei famosi “15 minuti di notorietà”.

L’arte non è più qualcosa di incomprensibile e intellettuale, ma diventa popolare, di tutti e per tutti. Tutto diventa fruibile, il ricco consuma gli stessi prodotti del povero, ogni cosa diventa un simbolo da riprodurre in serie e che vuole rappresentare l’immaginario collettivo che vede l’uomo come consumatore. Con la sua Pop Art, Andy Warhol descrive quel mondo legato al concetto di popolarità e desiderio sfrenato, trasformando così oggetti di uso quotidiano, personaggi famosi, immagini di incidenti stradali in icone da possedere, idolatrare e ammirare.

Eclettico, critico, ironico, giocoso, geniale e provocatorio. Si definiva una persona profondamente superficiale e nessuna superficialità è mai stata così profonda e reale. Mica male per uno che non voleva fare il pittore, ma voleva diventare ballerino di tip tap!

Per ulteriori informazioni: http://www.warholmilano.it/

jessica meloni

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  1 comment for “Andy Warhol, re della Pop Art, a Milano fino al 9 marzo 2014

  1. Ravecca Massimo
    3 gennaio 2014 at 23:08

    Le mani di Gesù dipinte da Leonardo nel Cenacolo, uniche nel dipinto, una con la palma verso il basso e l’altra verso l’altro indicano che Gesù era ambidestro come naturalmente era Leonardo e in parte Michelangelo Buonarroti? Non a caso Andy Warhol, genio anche lui, riprodusse, oltre il Cenacolo, serialmente la Gioconda e Marilyn che richiamano lo stesso volto archetipo. Il simile chiama il simile. Cfr. ebook (amazon) di Ravecca Massimo: Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

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